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Uno sguardo anarchico sulla storia. Memoria e archivi di movimento

Domenica 7 settembre
10:30
Parco del Fondo Comini
via Fioravanti, 68, Bologna
Relatori
Lorenzo Pezzica
Isabelle Felici
Mayday Rooms (UK)

Esiste ormai da tempo una rinnovata e consolidata storia e storiografia sull’anarchismo, che ha prodotto nuovi studi confrontandosi in particolare con le sollecitazioni provenienti da diversi campi di indagine storica che vanno dalla storia sociale, alla storia dal basso, alla storia orale, alla Public History, alla storia culturale e della mentalità, alla microstoria, alla riscoperta della ricostruzione biografica e non solo di storie collettive. In questo senso tale considerazione potrebbe rispondere, in parte, alle domande che, per esempio, si era posta, fin dal 2012, Ruth Kinna: quali sono gli elementi costitutivi della ricerca anarchica? Di cosa ha bisogno la ricerca anarchica per essere pienamente adeguata ai suoi materiali di studio? Ma che forse non soddisfa pienamente una terza questione che la storica inglese si pone: esistono «una teoria e una pratica storiografica specificamente anarchiche»? Se intendiamo storiografia anarchica come una concezione della storia, cioè come un insieme di valenze ideologiche, idee e teorie che cercano di spiegare il passato dell’umanità e il suo significato (pensiamo per esempio alla storiografia marxista), è forse preferibile il termine “sguardo anarchico” inteso come pratica storiografia della ricerca storica tout court. La terza questione posta da Kinna spinge quindi a domandarci se esiste la possibilità, o la necessità, di pensare ad una storiografia anarchica. Una storiografia in grado di affrontare temi e argomenti storici fuori dall’ambito della storia anarchica propriamente detta. A chiederci se ha senso oggi proporre una storiografia anarchica oppure, più nelle nostre corde, parlare appunto di “sguardo anarchico sulla storia”.

Lo sguardo anarchico sulla storia è forse più consono rispetto ad una storiografia anarchica, perché evita di porsi l’obiettivo di produrre un nuovo canone storiografico anarchico, a partire da una sua definizione, che potrebbe rimanere impigliata nella rete “accademica, istituzionale e forse troppo ideologica”.

Porsi la domanda se è possibile uno sguardo anarchico sulla storia, insieme ad uno sguardo anarchico sulle fonti (e quindi sugli archivi, anche i nostri), non ci esime però dall’affrontare da una parte aspetti storiografici propriamente detti (che fanno cioè parte di una storiografia), che riguardano, solo per citarne alcuni, la metodologia, la questione delle fonti (la loro critica ma anche la loro conservazione e rappresentazione), i soggetti e gli oggetti di indagine storica, la periodizzazione, i livelli di analisi e, rispetto alle sollecitazioni provenienti da diversi campi di indagine storica ricordati all’inizio, la declinazione in senso anarchico delle loro definizioni, come, per fare un solo esempio, “storia dal basso”. E dall’altra il ruolo degli archivi anarchici, spazio della memoria storica del movimento, di fronte a questa proposta di riflessione.

Materiali preparatori
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Articoli
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  • Kathy E. Ferguson, Scrivere l’anarchismo attraverso la “storia dal basso”
  • Marcus Rediker, A proposito di storia dal basso
  • Ian Forrest, Storia medievale e anarchist studies

Libri
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  • Lorenzo Pezzica, L’archivio liberato, Editrice Bibliografica, 2020

Interventi
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Mayday Rooms (UK)
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Pratiche archivistiche per sovvertire il presente

Sebbene gli archivi mettano spesso in evidenza le correnti intellettuali che hanno plasmato i movimenti radicali, essi conservano anche le pratiche quotidiane — le tattiche e le strategie — che hanno sostenuto quelle lotte. Partiamo dalla convinzione che il cambiamento sociale possa avvenire in modo più efficace quando i gruppi emarginati e oppressi possono conoscere — e raccontare — le proprie storie “dal basso”. Le raccolte archivistiche sfidano l’attacco diffuso alla memoria collettiva e alla tradizione degli oppressi. Puntano a contrastare le narrazioni dell’inevitabilità storica e del pessimismo politico con la prova vivente che molte lotte continuano.

In questo senso, gli archivi non servono semplicemente a conservare il passato; sono risorse per i movimenti contemporanei. Funzionano come “cassette degli attrezzi”, contenenti una ricchezza di approcci che possono essere riscoperti, reinterpretati e messi alla prova di fronte alle realtà attuali.

In questo intervento, a partire dall’esperienza di MayDay Rooms, esploreremo come gli archivi radicali possano servire come risorse attive per il presente, piuttosto che come semplici depositi statici. Ci chiederemo come possano incarnare le politiche che conservano: attraverso lo sviluppo di nuove forme libere di diffusione, accesso, ricerca ed educazione collettiva.

Partendo dall’idea dello sguardo (o degli sguardi) anarchico sulla storia — con la sua particolare attenzione alla dimensione transnazionale, all’interconnessione tra i diversi livelli di analisi, alla natura mutevole dei concetti e delle definizioni di base su cui si fonda e alla contaminazione reciproca tra diverse aree della ricerca storica — rifletteremo su come si possa adattare un approccio storiografico ispirato dalle idee anarchiche che rafforzi i processi di organizzazione, di lotta e di memoria culturale della storia del movimento.

Anche se questo lavoro storico è un processo collaborativo, spesso aperto, talvolta disordinato e non sempre coronato da successo, speriamo che continui a costruire uno spazio di opposizione critica ai rapporti capitalistici e ad accendere l’immaginazione per le lotte future.

Isabelle Felici
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Quale sguardo anarchico sulla ricerca?

A partire dalla propria esperienza di ricerca sugli anarchici italiani in Brasile e sulla colonia Cecilia (1890-1894), l’intervento propone una riflessione metodologica sulle pratiche di ricerca che potrebbero caratterizzare uno sguardo anarchico sulla storia.

Il primo elemento di definizione individuato è un atteggiamento rigoroso e onesto come mezzo per evitare distorsioni: verificare sempre le fonti, citarle correttamente, mantenere umiltà di fronte alla possibilità dell’errore. Al tempo stesso, la forte presenza militante negli studi anarchici offre un vantaggio prezioso: il senso di condivisione e la pratica della scienza aperta, sviluppatasi negli ambienti anarchici prima che diventasse di moda nel mondo accademico.

Questa definizione metodologica dello sguardo anarchico può essere applicata proficuamente ad altri oggetti di studio al di fuori della storia dell’anarchismo. L’esperienza di ricerca sui fenomeni migratori e sulle loro rappresentazioni culturali mostra come sia possibile sfuggire a categorizzazioni e semplificazioni stereotipate, come la separazione artificiale tra migrazioni “politiche” ed “economiche”, o l’uso problematico del concetto di identità che tende a fissare modelli uniformi dove invece esistono percorsi sempre diversi.

La discussione su identità, nazionalismo e internazionalismo evidenzia come sia più pertinente parlare non di un singolo sguardo anarchico, ma di sguardi anarchici plurali sulla storia, ciascuno con le proprie specificità e contributi al dibattito storiografico.

Lorenzo Pezzica
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È possibile lo sguardo anarchico sulla storia?

Partendo dalle domande poste da Ruth Kinna nel 2012 sui caratteri distintivi della ricerca anarchica, l’intervento interroga la possibilità di pensare una teoria e pratica storiografica specificamente anarchiche. È preferibile parlare di “storiografia anarchica” o piuttosto di “sguardo anarchico sulla storia”? Quest’ultimo termine evita di creare un nuovo canone accademico e permette di applicare approcci anarchici anche a periodizzazioni storiche diverse da quella contemporanea.

Uno sguardo anarchico sulla storia implica affrontare aspetti storiografici fondamentali: metodologia, questione delle fonti e degli archivi (che devono essere sempre passati “a contropelo”), soggetti e oggetti di indagine, periodizzazione e livelli di analisi. I “nostri archivi” conservano carte irrequiete, più fluide e fragili, che coniugano la tensione tra archivio come contenitore di memoria e come strumento politico.

La storiografia dell’anarchismo ha sviluppato temi caratteristici: ricostruzioni biografiche, studio dell’educazione e delle forme organizzative non gerarchiche, contaminazioni culturali, emigrazione politica, rapporto tra arte e anarchismo, microstoria e reti di relazioni informali. Questi approcci possono incontrare la “storia dal basso” di Thompson, rinnovata secondo le riflessioni di Simona Cerutti come storia delle culture alternative e antagoniste.

Il lavoro dello storico assume così un valore politico nel senso esteso del termine, nella consapevolezza che fare storia orizzontale non può essere disgiunta dalla verticalità della Storia, contribuendo a narrare “storie vive” di donne e uomini in carne e ossa.